SAS: soci accomandanti e accomandatari

A certe condizioni è ammessa l’attività lavorativa dell’accomandante, anche se può risultare problematica l’ipotesi in cui s’intenda instaurare un rapporto di lavoro subordinato con soci familiari.

I soci accomandanti sono esclusi dalla gestione della società, mentre i soci accomandatari sono i responsabili dei rischi dell’attività sociale e dell’amministrazione della sas in esclusiva.
L’articolo 2320 del codice civile chiarisce che i soci accomandanti godano di responsabilità limitata, rispondendo quindi delle obbligazioni sociali solamente per l’importo conferito e pertanto non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari.
Vige infatti un “divieto di immistione”, la cui violazione da parte del socio accomandante ne determina l’assunzione della responsabilità illimitata e la possibilità di essere dichiarato fallito. Per far sì che l’accomandante assuma responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali dovrà svolgere un’attività gestoria che si concretizzi nella direzione degli affari sociali e implichi scelte proprie del titolare dell’impresa (Cass. N 13468/2010), non essendo quindi sufficiente una mera esecuzione di atti disposti da altri soggetti.
La legge fissa, inoltre, alcune deroghe al divieto d’immistione, includendo la prestazione di attività lavorativa (manuale o intellettuale), a favore della società, da parte del socio accomandante:

  • dipendente, se ci sono i presupposti individuati dalla giurisprudenza per il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra socio e società;
  • collaboratore/coadiutore familiare, nel caso di componenti della famiglia.

Sotto il profilo contributivo, l’INPS ha chiarito che, se i familiari dei soci accomandatari partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza e ricorrano tutti i requisiti, è obbligatoria l’iscrizione alla gestione artigiani/commercianti.
Tale obbligo è invece escluso per i soci accomandanti, che non possono essere assicurati in proprio ma devono essere registrati:

  • come dipendenti, al FPLD, al pari di qualsiasi altro lavoratore subordinato;
  • iscritti alle Gestioni degli artigiani o dei commercianti in qualità di coadiutori degli accomandatari, ove si tratti di familiari (come sopra definiti) dediti all’attività della società in modo abituale e prevalente.

Potrebbe rivelarsi una problematica l’ipotesi in cui, per godere di maggiori stabilità e tutele, si intenda instaurare un rapporto di lavoro con soci accomandanti che siano anche familiari, specie se conviventi. Va, infatti, considerato che, secondo l’INPS e la costante giurisprudenza, le prestazioni lavorative rese in ambito familiare si presumono gratuite e non riconducibili ad un rapporto di lavoro, in quanto svolte in forza della solidarietà connaturata al legame di parentela. Ciò a meno che la parte interessata non fornisca prove precise e rigorose dell’esistenza di un rapporto oneroso e di natura subordinata. In mancanza di tali prove e sulla base che il rapporto subordinato sia stato fatto per accedere a determinati istituti (indennità di maternità, CIGS in caso di crisi, ecc.), scatta il disconoscimento in via amministrativa, da parte del personale ispettivo, o giudiziale del rapporto stesso e la sua riconduzione alla mera collaborazione familiare, soggetta a contribuzione nelle Gestioni dei lavoratori autonomi.